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Sabato 4 Febbraio
Presidio a Finmeccanica/Leonardo
Contro l’economia di guerra!

16388432_1387742011250026_4084025355634218038_nSabato 4 Febbraio saremo in PRESIDIO sotto la sede di LEONARDO/FINMECCANICA di Campi Bisenzio per contestare il ruolo che quest’azienda statale e pubblica svolge nelle politiche di guerra in Medio Oriente e non solo.
LEONARDO rappresenta oggi la punta più avanzata delle nostre produzioni belliche, elemento centrale nella definizione delle politiche di guerra italiane.
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BOICOTTIAMO L’ECONOMIA DI GUERRA, CONTRO IL COMMERCIO DI MORTE DELLE ARMI, CONTRO IL SOSTEGNO POLITICO E MILITARE DELL’ITALIA ALLA TURCHIA DI ERDOGAN, CONTESTIAMO FINMECCANICA/LEONARDO!
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La guerra è diventata ormai una caratteristica costante dei nostri tempi. Guerre per il petrolio, per i territori, per lo sfruttamento di intere popolazioni, guerre per procura e guerre combattute direttamente. Dall’Ucraina al Medio Oriente, passando dall’Africa al Caucaso, la guerra arriva anche in Europa, nelle nostre città, manifestandosi ormai come fenomeno strutturale del moderno capitalismo. Ed in questo scenario anche il nostro paese interviene, militarmente e politicamente, ben inserito in uno dei business più redditizi: il commercio di armi.

Nel 2015 la vendita di armi italiane all’estero è triplicata e sono aumentate le forniture verso Paesi in guerra. L’aumento per le autorizzazioni all’esportazione definitiva di armamenti il cui valore complessivo è salito a 7,9 miliardi dai 2,6 miliardi del 2014, è stato del 200%.
Come si legge nella relazione annuale del parlamento, “i settori più rappresentativi dell’attività d’esportazione sono stati l’aeronautica, l’elicotteristica, l’elettronica per la difesa (avionica, radar, comunicazioni, apparati di guerra elettronica), la cantieristica navale ed i sistemi d’arma (missili, artiglierie), che hanno visto, nell’ordine Alenia Aermacchi, Agusta Westland, GE AVIO, Selex ES, Elettronica, Oto Melara, Intermarine, Piaggio Aero Industries, MBDA Italia e Industrie Bitossi ai primi dieci posti per valore contrattuale delle operazioni autorizzate. La maggior parte di queste aziende sono di proprietà o in varia misura partecipate dal Gruppo Finmeccanica”.

L’export di armi italiane è cresciuto soprattutto verso l’Arabia Saudita, condannata dall’Onu per crimini di guerra nel conflitto in Yemen, verso gli Emirati, che si confermano il principale cliente mediorientale (con 304 milioni), verso il Bahrein (da 24 a 54 milioni) e soprattutto verso il Qatar (da 1,6 a 35 milioni). Il Kuwait, nel 2015 ancora tra i clienti minori, è destinato a scalare la classifica dopo la firma, poche settimane fa, di un contratto multimiliardario per la fornitura di 28 cacciabombardieri prodotti da Finmeccanica.
Ma è boom di export verso tutti i Paesi in guerra. Impennata di vendite verso la Turchia (da 53 a 129 milioni) che bombarda i kurdi fuori e dentro i suoi confini con gli elicotteri T129 costruiti su licenza Finmeccanica. Nel 2015 sono aumentate anche le vendite all’Egitto pre-caso Regeni (da 32 a 37 milioni), comprese quelle di armi leggere e di lacrimogeni usati dalla polizia del Cairo nelle repressioni di piazza.
Di pari passo è andato aumentando anche il ruolo d’intermediazione finanziaria delle banche italiane nel business delle forniture belliche. Se la parte del leone rimane alle banche straniere (Deutsche Bank e Crédit Agricole sopra tutte) si fanno strada sia Unicredit (passata dal 9 al 12% delle operazioni) che Intesa Sanpaolo (dal 2 al 7,4%). Seguono con percentuali minori Bnl, Ubi (Banco di Brescia, Popolare Commercio e Industria, Regionale Europea) e una sfilza di “popolari” in ordine discendente (Emilia Romagna, Carispezia, Banco Popolare, Valsabbina, Sondrio, Carige, Etruria, Parma e Piacenza, Credito Cooperativo Cernusco S.N. e Versilia e Lunigiana, Spoleto, Friuladria, Bpm), e perfino Poste Italiane.
Sempre Finmeccanica, oggi Leonardo SpA, ha contribuito a dotare la Turchia del suo primo satellite che, in dotazione all’aviazione dell’esercito turco, permetterà a questo di osservare la terra con estrema precisione, concentrandosi evidentemente sulle zone dove è in corso il conflitto con la guerriglia kurda, sia in Turchia che in Siria ed Iraq.

La Turchia è ormai infatti pienamente entrata nel conflitto globale che agita il Medio Oriente, ed esso si interseca e si sovrappone a quello in corso ormai da oltre 30 anni con il movimento di liberazione e resistenza kurdo rappresentato dal PKK, “colpevole” non soltanto di non aver ancora piegato la testa nonostante la feroce repressione, ma di rappresentare ad oggi per l’intera regione un progetto politico alternativo da parte della sinistra di classe. Mentre le città kurde sono poste sotto assedio con i coprifuoco, e le zone rurali dove opera la guerriglia, sono costantemente bombardate e militarizzate attraverso la costruzione di nuove postazioni da parte dell’esercito e delle forze speciali di gendarmeria, nel resto del paese migliaia di persone vengono arrestate, messe sotto inchiesta e incarcerate, anche e solo semplicemente per aver osato criticare pubblicamente o sui social media il sultano, rendendo il paese una prigione a cielo aperto per qualsiasi tipo di opposizione, anche democratica. La Turchia, parte integrante della NATO, dopo essere stato tra i principali sostenitori dell’ISIS, con i quali traffica in petrolio e armi, continua ancora ad oggi a sostenere molteplici gruppi della galassia jihadista, che utilizza come vere e proprie milizie di occupazione nel nord della Siria, in funzione prevalentemente antikurda. Oggi il paese è al 15° posto nella graduatoria mondiale delle spese militari e gestisce il secondo più grande esercito NATO.
Secondo la banca dati del SIPRI Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) l’Italia è il suo terzo fornitore di armi dopo USA e Spagna, principalmente tramite Finmeccanica.
Ma le relazioni di affari e complicità con il regime di Erdogan non si limitano al settore degli armamenti, sebbene questo sia centrale. Tutta una serie di imprese multinazionali ed italiane le forniscono in maniera crescente tecnologia, know-how ed infrastrutture che contribuiscono al rafforzamento delle politiche repressive in Turchia, ed in particolare nel Kurdistan. L’Italia dunque fornisce al governo turco i mezzi per continuare la sua massiccia campagna di distruzione militare delle città ed dei villaggi kurdi che a seguito dell’assedio hanno dichiarato l’autonomia.

Di seguito un elenco delle aziende italiane con forti interessi in Turchia: Alitalia, Ariston, Assicurazioni Generali, Barilla Alimentare, Electrolux, Enel Spa, Eni Spa, Giolitti Roma, Gruppo Coin Oriental Buying Services Ltd, Indesit, IvecoSpa, Luxottica Gozluk tic.as, Pirelli SpA (Celikord – Turk Pirelli Lastikleri a.s.), Piaggio v.e. SpA (Ferco MotorLtd.), Sapori, Valtur SpA (Valtur Tatil Isl. A.s.), Mimarlik Ins, Bialetti Industries SpA (Cem Bialetti a.s.),Gilma(Iceberg), Burani Fashion Group, Valentino fashion Group, Tuo-dì (discount) che distribuisce iprodotti FATINA (frutta secca), Zara, Hugo Boss, Mayerline, Otto, Benetton, LC Waikiki, Julieta, De Facto,Dolce & Gabbana e Armani.

Le principali aziende turche che commercializzano prodotti in Italia, soprattutto nel settore agro-alimentare, sono: SAWA; GÜLSEN; TALAT ELMAS; AGROBAYS; PEYBA; KEREVITAS. Etnatost di Biancavilla commercializza fichi secchi, LIFE in Turchia produce albicocche secche che vengono confezionate da Live Italia, Sommariva Perno (CN), USTA Brand di provenienza turca. La famiglia Averna ha venduto al gruppo SANSET della famiglia turca TOKSOZ lo storico marchio di cioccolatini PERNIGOTTI, IBEKO (elettro-domestici); KARSAN (autoveicoli); ANADOLU, KALE (ceramiche); ZORLU (energia). Inoltre KOC, YILDIZ e DOGUS sono corporation di livello internazionale che operano in diversi settori e che controllano anche aziende italiane.

BOICOTTIAMO L’ECONOMIA DI GUERRA, CONTRO IL COMMERCIO DI MORTE DELLE ARMI, CONTRO IL SOSTEGNO POLITICO E MILITARE DELL’ITALIA ALLA TURCHIA DI ERDOGAN,
SABATO 4 FEBBRAIO ALLE ORE 15:00 PRESIDIO SOTTO LA SEDE NAZIONALE DI LEONARDO/FINMECCANICA – VIALE OFFICINE GALILEO, 1 Campi Bisenzio

SABATO 11 FEBBRAIO MANIFESTAZIONE INTERNAZIONALE A MILANO PER:LA LIBERAZIONE DI OCALAN E TUTTI I PRIGIONIERI POLITICI IN TURCHIA; A SOSTEGNO DELLA RESISTENZA KURDA; CONTRO LA REPRESSIONE DLE REGIME TURCO DI ERDOGAN.

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