
Parliamo dei fatti che seguono, non per sostituirci a chi è protagonista di questa battaglia, ma per cercare di sviluppare un ragionamento stimolando la solidarietà necessaria in una fase in un cui la repressione si fa sempre più forte.
I gruppi organizzati della Curva Fiesole avevano annunciato alcuni giorni fa che non avrebbero organizzato la trasferta in occasione della gara contro la Lazio per protestare contro il caro biglietti.
Alla presa di posizione è seguita una presenza per le strade di Roma dove gli ultras hanno manifestato ribadendo le loro ragioni.
A mezzo stampa apprendiamo che sarebbero stati identificati e iscritti nel registro degli indagati per “manifestazione senza preavviso”.
Non vogliamo entrare nei tecnicismi legali. Vogliamo piuttosto porre l’accento su come la “logica legalitaria” debba esser ribaltata attraverso la “legittimità popolare”.
L’aumento dei prezzi al consumo, dalle bollette al carrello della spesa, mette molte famiglie in condizioni sempre più difficili. Ci dicono che dovremmo tirare la cinghia. Automaticamente dovremmo accettare passivamente di “tagliare” le attività che svolgiamo nel tempo libero pur di far quadrare i conti.
Per quanto ci riguarda però il tempo libero, lo sviluppo delle proprie aspirazioni e passioni, sono una parte fondamentale nella vita di ognuno di noi. Viviamo un presente in cui ci vorrebbe consumatori e clienti silenti in ogni dove, dal viversi le piazze della propria città fino ai gradoni dello stadio.
Chiunque non si voglia rassegnare deve porsi il problema di come invertire questa rotta.
Il primo passo non può che essere rendere manifesto il problema. Sviluppare un’azione che vada in direzione contraria. Questo è ciò che è successo domenica sera rispetto al caro biglietti.
È proprio questo il punto: rifiutare di entrare nel tecnicismo legale perché la cultura della “legalità”, prima ancora delle conseguenze penali, serve proprio per subordinare e svilire ogni rivendicazione come fosse una questione di ordine pubblico.
Lo vediamo già oggi per come ci viene presentata la notizia: si parla della manifestazione “senza preavviso”, non del caro biglietti.
La minaccia della denuncia fa parte della logica repressiva: è l’avviso a desistere e serve a dissuadere. È l’anticamera della “punizione preventiva” attraverso cui l’autorità può stabilire quali soggetti debbano essere allontanati da un determinato contesto: è la logica del DASPO che dallo stadio si estende alla città attraverso le cosiddette “zone rosse”.
Questa è la forma dell’arbitrio assoluto delle forze di polizia.
Star fuori dal tecnicismo aiuta a comprendere le ragioni di una rivendicazione.
Aiuta a sviluppare la solidarietà oltre gli steccati segnati dalla cultura della repressione.
Anche per questo pensiamo siamo fondamentale contrastare l’approvazione del DDL 1660.
Farlo vuol dire prima di ogni cosa rivendicare la legittimità di ogni lotta e battaglia che lo Stato vorrebbe disarticolare attraverso la minaccia del carcere e pene ancora più severe di quelle già in vigore.
La nostra solidarietà va a tutti coloro che sono stati identificati e rischiano la denuncia per l’azione di domenica sera a Roma.