
Alle prime ore di questa mattina a Torino è scattata un’operazione di polizia con perquisizioni in casa di alcuni compagni ma soprattutto ad Askatasuna, che è stato sgomberato.
I mandati di perquisizione riguarderebbero le azioni di solidarietà con la Palestina, contro Leonardo spa, fino a quella che ha coinvolto la redazione de La Stampa, impegnata nella campagna di criminalizzazione di Shahin con il fine della sua espulsione verso l’Egitto.
Askatasuna viene colpito anche perché da anni rappresenta un riferimento, dal quartiere alle lotte contro il TAV in Val Susa.
La “legalità” conferma di attestarsi sul piano del genocidio, della repressione e della censura.
Sarebbe un errore non individuare una tendenza unica che in modo trasversale attraversa maggioranza e opposizione di governo nel servire la strategia di guerra sul fronte interno.
Al di là della propaganda a favore di sondaggio elettorale che caratterizza la Lega di Salvini nel sostegno all’Ucraina e specularmente il PD sulla questione palestinese, gli atti formali, i voti in parlamento da Roma a Bruxelles, i legami politici e le relazioni economiche marciano in un’unica direzione: la guerra della NATO su tutti i fronti aperti dagli USA a livello globale.
Questa strategia passa dalla normalizzazione del fascismo, la rottura di ogni argine al militarismo nel discorso pubblico, la criminalizzazione e la volontà di silenziare ogni voce dissonante dal partito unico della guerra.
La criminalizzazione di Francesca Albanese, il divieto imposto ai convegni organizzati da D’Orsi e dello stesso Barbero sono azioni che fanno il paio con denunce, processi e arresti contro militanti e attivisti politici.
La legge 80/2025 – il risultato finale del percorso iniziato con il Ddl 1660 – e il Ddl Gasparri, appoggiato dalla Sinistra per Israele e da molti parlamentari del PD, sono l’emblema del livello repressivo per cui ormai, oltre che l’azione, si colpisce anche “la parola”.
Lo sgombero di Askatasuna è uno dei “risultati” di questa fase.
Preparato e realizzato con apprezzamento da destra e da “sinistra”, da Piantedosi fino al sindaco Lo Russo del PD, come fosse un’azione di guerra attraverso la chiusura delle scuole, il blocco delle strade e controlli “stile Belfast anni ’70” nel quartiere.
Ai compagni e alle compagne di Torino va tutta la nostra solidarietà.
Serve continuare ad agire agitando uno slogan chiaro e semplice: DISERTARE LA GUERRA!
La “diserzione” come posizionamento politico in questa fase, quindi azione collettiva, di classe e solidale.
In questo slogan sta lo spartiacque tra il presente della guerra, con le sue ricadute in termini di sfruttamento e repressione, e un futuro che necessariamente dovremo conquistarci con la lotta.

