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Il genocidio è il crimine, non la resistenza e la solidarietà!

Nella mattinata di oggi sono in programma le udienze di due processi che riguardano da vicino la Palestina e solidarietà internazionale.
A Roma si tiene il processo a Tarek, arrestato dopo gli scontri alla manifestazione del 5 Ottobre dello scorso anno a Roma.
Nel tribunale de L’Aquila invece è fissata una nuova udienza del processo ad Anan imputato con Alí e Mansour.

Se Tarek si è gettato nelle mobilitazioni in solidarietà con la Palestina mosso dal senso di giustizia e protagonismo senza avere organizzazioni di riferimento, Anan invece è un militante ben più inserito e strutturato all’interno dei circuiti militanti.
Sono due figure complementari le cui storie di repressione ci dicono molto sulla tendenza che vediamo sempre marcata anche in Italia.

Su Tarek lo Stato ha provato a colpire con la logica dell’isolamento, della criminalizzazione e dell’anonimato, tanto che la sua storia era rimasta sconosciuta fino a quando il suo avvocato non intervenne ai microfoni di Radio Onda Rossa per denunciare pubblicamente la storia del suo assistito qualche tempo dopo il suo arresto.
Tarek è arrivato in Italia nel 2008 dalla Tunisia vivendo sulla sua pelle la precarietà e la marginalità in cui ti spinge questa società soprattutto quando devi confrontarti con il ricatto del rinnovo del permesso di soggiorno e il rischio della cosiddetta “clandestinità”.

Nel processo ad Anan invece l’accusa ha trasformato le udienze in un vero e proprio processo politico alla Resistenza palestinese.
Pur negando l’estradizione di Anan in Israele, il processo sta andando avanti e Anan continua ad essere imprigionato per quanto l’accusa ancora non si riuscita a produrre una singola prova.
L’udienza di oggi sarà segnata anche dalla presenza dell’ambasciatore israeliano. Questo è un elemento qualitativo che ha peso politico rilevante: lo Stato, una volta di più, legittima il rappresentate di un’entità genocida a partecipare attivamente alla repressione di un compagno palestinese anche in Italia.
Cosa potrà mai testimoniare l’ambasciatore?
Niente relativamente a fatti specifici, ma probabilmente molto rispetto all’unico vero tema su cui oggi muove il processo: la criminalizzazione e la punizione contro la Resistenza palestinese da cui Anan non ha mai voluto prendere le distanze.

Pensiamo che sia compito nostro scrivere queste due storie nel segno della solidarietà e della lotta alla repressione.
Perché questi due processi si intrecciano anche con la volontà di colpire e silenziare la solidarietà alla Palestina e la lotta contro il sionismo che oggi trovano la sua rappresentazione nel DDL Gasparri.
Questo “nuovo” disegno di legge infatti recepisce la definizione di antisemitismo prodotto dall’IHRA – International Holocaust Remembrance Alliance – che in sostanza crea una corrispondenza diretta con qualsiasi posizione di critica a Israele.

La conseguenza è che ogni manifestazione di solidarietà con la Palestina e contro l’occupazione sionista sarebbe illegale nella sua stessa essenza.
A tal proposito vogliamo denunciare come a livello territoriale, il Comune di Firenze, abbia già votato e fatto propria questa definizione sulla spinta dei legami con l’Associazione di Amicizia Italia-Israele.
Questa scelta di fatto legittima l’azione del governo e la proposta del DDL Gasparri.
A tal proposito parteciperemo e invitiamo alla partecipazione all’assemblea nazionale che si terrà a Bologna Domenica 23 Novembre a partire dalle ore 10.30 proprio contro il DDL Gasparri.

Per queste ragioni esprimiamo la nostra solidarietà a Tarek e Anan e il nostro sostegno a tutti i compagni e le compagne che oggi sono in piazza davanti ai tribunali dove sono fissati i processi, senza dimenticare il caso di Ahmad Salem, giovane palestinese di 24 anni, in carcere in Italia da 6 mesi con l’accusa di “istigazione a delinquere” e “autoaddestramento con finalità di terrorismo” perché avrebbe promosso le mobilitazioni contro il genocidio in Palestina con l’ausilio di video che mostravano alcune azioni della Resistenza palestinese contro le truppe d’occupazione.