La guerra in #Ucraina ha spinto ulteriormente in avanti le politiche di riarmo dei paesi europei che si stanno impegnando ad incrementare gli sforzi finanziari per la Difesa. Il governo Draghi ha votato per destinare il 2% del pil alle spese militari entro il 2028, mentre tagliava mezzo punto percentuale, pari 7 miliardi, destinati all’istruzione. È così che prende il sopravvento un’economia di guerra che si basa sul socializzare le spese e privatizzare i profitti. Mentre il governo finanzia per miliardi di euro le grandi aziende produttrici di armamenti, sono i proletari che pagano il prezzo maggiore dell’aumento dell’inflazione e dei rincari come conseguenze sociali di questo conflitto. Dopo che il covid aveva già prodotto una situazione economia molto gravosa per le masse popolari, la guerra, in cui il governo ci sta trascinando, avrà effetti devastanti. È così che il profilo della politica estera italiana ha assunto un carattere sempre più aggressivo, mentre la gestione delle contraddizioni sul fronte interno si vanno sempre più caratterizzando in senso militare. La gestione autoritaria della pandemia e delle altre “#emergenze” è stata l’anticipazione di ciò che adesso, in tempo di guerra, stanno applicando con ancora più forza.
Lo stiamo già vedendo con il 15% delle famiglie italiane e delle piccole imprese che non riescono a pagare le bollette di gas e d’elettricità. l distacchi delle utenze per morosità sono aumentati del 36% rispetto al 2021. È questa la conseguenza dell’impennata dei costi dell’energia e del gas già da prima della guerra e delle sanzioni alla #Russia. Ciò che ci attende nell’immediato futuro sarà solo un ulteriore peggioramento della situazione, poiché gli effetti della guerra e del nostro intervento diretto, con l’invio di armi e l’imposizione delle sanzioni alla Russia, verranno scaricati principalmente sui lavoratori, lavoratrici, disoccupati/e.
È così che la guerra torna in casa nostra, con l’aumento delle #spesemilitari che andrà necessariamente a scapito dei servizi cosiddetti pubblici (anche se negli anni sono stati sempre più regalati al privato) come istruzione, salute, trasporti e altre attività essenziali, e con un pesante rincaro per le utenze, il carburante e i generi di prima necessità. Appare chiaro in questo senso la necessità della borghesia imperialista italiana – allineata alla catena di comando di USA ed UE – di una propaganda mediatica mirata ad arruolare un intero paese contro il mostruoso governo di Putin, per far accettare le conseguenze che la guerra avrà sulle nostre vite. Il tentativo di scaricare tutte le responsabilità di questo conflitto alla Russia è necessario affinché tutto il corpo sociale si schieri in favore del campo atlantico e faccia propri gli interessi nazionali, espressione della borghesia imperialista italiana. È così che si agita ancora l’emergenza, come dimensione principale del nostro tempo con cui si giustificano le strette autoritarie, l’aumento del costo della vita e i sacrifici dei proletari in nome dell’interesse nazionale.
Ciò che si sta verificando in Ucraina è anche e soprattutto a causa della tendenza alla #guerra che Stati Uniti ed Unione Europea in primis hanno sempre espresso, in quanto fattore congenito all’attuale modello di sviluppo capitalistico che nella sua fase attuale non può che esprimersi nello scontro per nuovi mercati, territori e risorse. È questa la logica con cui va letto il progressivo espansionismo della #NATO ad est, di cui l’Ucraina rappresenterebbe solo l’ultimo tassello di una precisa strategia di accerchiamento nei confronti del competitor russo, sempre più messo alle strette. La politica dell’Unione Europea nella situazione attuale si è distinta per forti contraddizioni interne e non è sempre stata in grado di agire in modo omogeneo. Se questo è determinato da più fattori, tra cui l’assenza di un esercito europeo, quello che salta più agli occhi è la dipendenza energetica e i legami d’interessi di vari settori di borghesie nazionali europee con la Russia. È però altrettanto chiaro il prevalere d’interessi di una borghesia imperialista europea che, se in un primissimo momento ha preso tempo, si è poi allineata alla catena di comando degli Stati Uniti. La fedeltà europea al patto atlantico non è causata da aspetti ideologici, ma da interessi economici che, per esempio nel nostro paese, vedono migliaia di aziende a partecipazione americana (tra cui Leonardo spa), l’export di prodotti italiani con cifre da capogiro, corsi di studio USA con programmi in Italia e un turismo che occupa la seconda posizione per spesa nel nostro paese – per non parlare della massiccia presenza di basi NATO e USA sul territorio italiano.
La questione dell’approvvigionamento energetico, ovvero il controllo delle forniture di #gas in Europa – che dipende al 38% dal gas russo, ma già da metà del 2021 è in costante diminuzione – gioca un ruolo decisivo nella partita attuale. A poco importa se i vari pacchetti di sanzioni a Mosca peseranno su tutta l’economia nazionale ed europea, dove ovviamente a farne le spese maggiori saranno i proletari e le proletarie, a poco servirà importare il gas liquido dagli Stati Uniti che, dovendo essere rigassificato, avrà un costo maggiore (circa il 50% secondo alcune previsioni) ed un impatto ambientale devastante. La priorità attuale è diminuire le dipendenze energetiche dalla Russia nella logica della guerra (anche economica) contro uno dei principali competitori nella spartizione di mercati e risorse.
In questo senso ciò che c’è in ballo nello scenario attuale è la ridefinizione degli equilibri geopolitici, in un contesto di progressiva perdita di egemonia internazionale da parte degli Stati Uniti e dal sempre più pervasivo ingresso dei competitors cinese e russo nel mercato globale. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, che condanniamo fermamente, s’inserisce dentro questo quadro internazionale.
Mentre per le classi popolari questa guerra rappresenta un ulteriore momento di aggravamento delle condizioni di vita, per gli investimenti dei capitali nell’industria bellica rappresenta una grande opportunità di profitto. Sono questi, in parte, gli interessi economici che ci stanno portando in una guerra dalle conseguenze devastanti non solo in termini di vite umane, ma anche in termini di conseguenze ambientali per l’inquinamento derivato dalla crisi energetica che ne consegue.
Per questo pensiamo che opporsi alle politiche di guerra significhi conoscere ed attaccare gli interessi che la muovano e svelare il vero volto guerrafondaio dello Stato, del Governo e della NATO che per primi soffiano sul fuoco di questo conflitto. A confermarne il volto guerrafondaio e a sottolineare quanto la situazione ucraina sia contingente alle politiche imperialistiche di Stato Uniti e UE pensiamo sia utile e interessante andare a vedere le politiche dell’attuale governo per cui “La dimensione industriale della difesa assume una primaria rilevanza geopolitica, fattore catalizzante delle cooperazioni con altri paesi e del rafforzamento del ruolo internazionale dell’Italia”. Giusto per fare un esempio, giovedì 14 aprile siamo stati davanti ad i cancelli di Leonardo SPA, un’azienda italiana leader europea per la produzione e l’esportazione di armamenti e strumentazioni belliche ad alto contenuto tecnologico per le forze armate non solo italiane, ma anche del Regno Unito, Qatar, USA, Cina, Turchia, Israele ed altri ancora.
Non è un caso che un partito di governo come il PD abbia costruito una filiera tutta sua nel campo della Difesa, basti pensare che l’amministratore delegato di Difesa e Servizi è Pier Fausto Recchia, deputato del Pd; il direttore generale dell’Agenzia Industrie Difesa è l’ex senatore dei DS Nicola Latorre; Andrea Manciulli, ex parlamentare del partito, è passato dalla presidenza della Fondazione Fincantieri a Leonardo; il vertice della Fondazione Med-Or di Leonardo è l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti e l’amministratore delegato di Leonardo, è il banchiere Alessandro Profumo che in passato, ha dichiarato di aver votato per le primarie del PD.
Già dalle prime righe del documento del ministero della difesa, edito nel 2021 – quindi prima dell’invasione russa dell’Ucraina – e intitolato “direttive per la politica industriale della difesa”, si può cogliere degli elementi importanti: “L’Italia attraversa una stagione geopolitica di grande complessità, molti dei cui effetti si manifestano nelle aree di preminente interesse nazionale […] L’attuale scenario di crescente competizione tra gli Stati si esprime sempre di più anche mediante la dimensione industriale e tecnologica della politica estera e di difesa, evidenziando come una base industriale solida e tecnologicamente avanzata a supporto dello Strumento militare non costituisca soltanto una leva economica, ma assuma una valenza geostrategica per il Paese, a tutela della sua sovranità tecnologica.”
Quanto detto è l’espressione che meglio rappresenta la stretta relazione tra governo, #industriabellica, ricerca e Difesa “in quello che rappresenta una delle più competitive realtà industriali italiane, in particolare nel campo dell’innovazione tecnologica.” È anche in questo senso che dobbiamo leggere il sempre più pervasivo ingresso del sistema #guerra dentro l’#università, affinché tutta la ricerca tecnologica possa essere al servizio delle necessità del complesso industriale bellico e tutto il campo accademico sia schierato con la narrazione dominante. È così che il sapere e la ricerca tecnologica ricevono ingenti finanziamenti da parte del comparto militare – industriale: infatti, già da molti anni, il rapporto tra università pubbliche e centri di ricerca alle dirette dipendenze del Ministero della Difesa sono sempre più stretti. È così troviamo sistemi di difesa pensati per l’ambito civile utilizzati per usi militari e viceversa. La predisposizione della ricerca scientifica allo sviluppo del comparto militare-industriale è la naturale conseguenza di questo paradigma sistemico in cui lo scontro bellicista è soltanto il culmine della competizione capitalistica.
Quest’iniziativa vuole fare luce sulle reali cause e conseguenze del conflitto in Ucraina e mettere l’accento sul ruolo attivo che Stati Uniti, Unione Europea e l’Italia in particolare, svolgono sia in termini di produzione ed esportazione di armamenti e tecnologie belliche all’avanguardia, sia, nel caso italiano, come base strategica per ospitare #basimilitari NATO e USA sul proprio territorio. Pensiamo che sviluppare iniziative di approfondimento di questo tipo sia necessario per dotarci di tutti gli strumenti possibili per opporci alla propaganda assillante dei guerrafondai di casa nostra, per poter leggere in divenire la complessità degli avvenimenti e per contrastare attivamente gli interessi economici che muovono i fili della guerra.