Vai al contenuto
Home » A Carlo; per chi c’era e per chi non c’era

A Carlo; per chi c’era e per chi non c’era

Per non dimenticare che la vittoria e la sconfitta maturano all’interno dello stesso processo.

Che all’interno di quello stesso processo si vanno affermando una “linea rossa” e una “linea nera”, che convivono, stanno in dialettica, si scontrano e in ultima battuta stanno in antagonismo.

Perché pensare che la sconfitta sia al di fuori di noi e prodotta solo e soltanto dall’azione degli apparati repressivi sarebbe riduttivo.

Così come è superficiale pensare che non sarebbe accaduto ciò che è accaduto se Berlusconi non avesse vinto le elezioni del Giugno 2001.

Il G8 di Genova fu organizzato nei mesi precedenti, quando il governo era di centro sinistra: i manganelli tonfa, i lacrimogeni CS, le esercitazioni, ma soprattutto la prova generale del Global Forum di Napoli con le torture della caserma Ranieri, furono i preparativi dell’esecutivo di centro-sinistra presieduto da Amato.

A Genova hanno caricato, pestato, arrestato, torturato, sparato e ucciso. Hanno colpito tutti. Indistintamente. Per questo colpirono meglio chi era andato in piazza con meno chiarezza rispetto a ciò che si sarebbe trovato davanti, al netto del fatto che quel livello andò anche oltre le più nefaste previsioni.

Quelle botte, l’assenza di vie di fuga, il terrore prodotto, furono la premessa dell’affermazione di quella “linea nera” che all’interno del movimento rappresentava l’opportunismo ed era quindi incline al compromesso e al patteggiamento con la controparte. Così venne Firenze e il Social Forum del 2002 che, dopo oltre un anno dal G8, capitalizzò le prese di distanze, il dito puntato sui “cattivi” da parte dei “buoni”, cancellò gli assalti alle banche, le barricate, la resistenza alla brutalità della polizia e i fuochi al carcere di Marassi.

La polizia si lavò le mani dal sangue dei compagni e delle compagne con il “modello Serra” e la polizia “invisibile”, se pur in forze nelle vie adiacenti al corteo perché la cultura del controllo e della dissuasione era stata introiettata nel movimento. Perché all’interno del movimento la “linea nera” aveva prevalso. Allora hanno fatto carriera i fautori della “polizia buona” così come i torturatori di Bolzaneto e della Diaz e tante altre carriere politiche si sono rilanciate sulle macerie di Genova.

Non possiamo dimenticare Carlo e non possiamo dimenticare che hanno mostrato il suo volto al mondo solo dopo avergli sparato in faccia.

Noi avremmo voluto che quel volto rimanesse invece per sempre celato da quel passamontagna, perché questo avrebbe voluto dire che non l’avevano preso.

Sappiamo che se così fosse stato, Carlo non sarebbe stato ucciso ma sarebbe stato tra quelle migliaia di compagni che nei giorni successi al G8 furono sacrificati e additati come “black bloc”, “delinquenti”, “facinorosi”, “teppisti”, “ultras”, “professionisti del disordine”.

Tutte le categorie in nome delle quali, emergenza dopo emergenza, sono stati giustificati e legittimati i Decreti Sicurezza.

Da Genova ad oggi quei decreti hanno segnato continui inasprimenti e aumenti di pena.

Al contempo hanno sancito una sempre maggiore impunità per le forze di polizia per quanto accade nelle piazze ma soprattutto in un quotidiano fatto di soprusi durante i fermi di polizia, in strada come nelle Questure e nei commissariati, fino alle celle di ogni carcere.

Noi speriamo che dal ricordo delle macerie di Genova 2001 e di Carlo nasca una nuova generazione di compagni e compagne capace di disertare, boicottare e sabotare ancora lo Stato di guerra.

Una generazione che sia capace di battersi contro le ingiustizie con la stessa determinazione con cui Carlo raccolse quell’estintore.