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Contro lo Stato di Guerra e di Polizia, la lotta è l’unica via!

Nelle stesse ore in cui a Roma si ritrovavano i capi di stato della “coalizione dei volenterosi” assieme a decine di aziende accreditate per la “ricostruzione dell’Ucraina”, a Napoli falliva il click day.

Mentre la Meloni parla di “miracolo economico” impegnando 10 miliardi di euro per ricostruire un paese ancora in guerra, in mano ad una giunta golpista e sotto legge marziale, in Italia l’unica risposta alle rivendicazioni popolari sono i manganelli e le manette.
Forse Meloni parla proprio di quei “miracoli” che il governo dei sovranisti aveva promesso in campagna elettorale ma che le classi popolari non hanno mai visto tra carovita, salari bassi, disoccupazione e taglio delle spese sociali.

Ciò che è accaduto a Napoli non è affatto distante da ciò che è andato in scena a Roma.
Nello Stato di guerra e di polizia infatti ogni esperienza di lotta rappresenti realmente una spinta all’indipendenza, all’autonomia, al miglioramento della condizione di vita degli sfruttati in senso generale viene osteggiata e colpita per depotenziarne la crescita, per minarne la credibilità.

La lotta dei disoccupati, dal punto di vista della vertenza cittadina aperta ormai 10 anni fa, sarebbe alle battute finali.
Il condizionale però è d’obbligo perché la chiusura di una vertenza simile è molto delicata.
Questa infatti è vertenza su cui nessuno può intestarsi meriti e capitalizzarne i risultati se non lo stesso movimento dei disoccupati.
Una lotta dei disoccupati per i disoccupati, della classe popolare per la classe popolare che nessuno potrà trasformare in tornaconto elettorale.
Ecco che allora, “semplici” passaggi tecnici già sanciti dalla lotta, come quello dell’iscrizione ad una piattaforma on-line, possono diventare un espediente che la controparte utilizza per mescolare di nuovo le carte in tavola.

La forza di quella lotta però sta nel sapersi organizzare per anticipare certe provocazioni: i disoccupati erano già pronti a rispondere ad ogni eventuale tranello.
Così è stato e la conseguente rabbia popolare è stata una risposta del tutto legittima.

Esprimiamo quindi la nostra solidarietà al compagno e alla compagna in stato di fermo e che oggi saranno processati per direttissima.
Esprimiamo il nostro sostegno al movimento dei disoccupati nel suo complesso che già da stamani sarà di nuovo in piazza per proseguire la lotta e portare solidarietà a chi nel frattempo verrà processato.