
Meloni e La Russa invitano tutta la sinistra a fare i conti con Sergio Ramelli.
Lo stesso vale per i cosiddetti “martiri delle foibe” e per Giovanni Gentile.
In poche parole le istituzioni democratiche oggi parlano la stessa lingua del neofascismo italiano.
Si prende un fatto singolo, lo si decontestualizza, se ne esalta la drammaticità e infine, da quel singolo fatto, si ricostruisce un quadro completamente rovesciato.
La storia così non si ricostruisce. Così la si riscrive.
Noi facciamo sempre i conti con la storia tutta e diffidiamo da chi ci dice che dobbiamo farli con un singolo fatto.
Altrimenti Gentile diventa il filosofo indifeso ucciso dalla “canaglia pezzente” e non un gerarca fascista, ideologo del fascismo, fucilatore dei renitenti alla leva, firmatario del manifesto della razza e sostenitore della RSI, ucciso durante un’azione della Resistenza.
Altrimenti i “martiri delle foibe” diventano i poveri italiani perseguitati dai partigiani titini e non gli occupanti fascisti che hanno collaborato con i nazisti alle deportazioni e all’internamento nei campi di concentramento della popolazione slava durante la Seconda Guerra Mondiale.
Altrimenti Ramelli sembrerà solo un povero ragazzo ucciso dalla “ferocia dei rossi” e non anche un militante neofascista di una fase storica caratterizzata da una guerra civile a bassa intensità, durante la quale questi furono i compagni e le compagne uccise dai neofascisti: Paolo Rossi, Domenico Congedo, Vincenzo De Waure, Mario Lupo, Fiore Mete, Adriano Salvini, Vittorio Ingria, Adelchi Argada, Claudio Varalli, Iolanda Palladino, Tonino Miccichè, Alberto Brasili, Alceste Campanile, Gaetano Amoroso, Luigi De Rosa, Walter Rossi, Benedetto Petrone, Roberto Scialabba, Fausto Tinelli, Lorenzo Iaio Iannucci, Ivo Zini, Claudio Miccoli, Ciro Principessa, Valerio Verbano, Aurora Bruni.
Ad essi andrebbero aggiunti i nomi di tutti coloro, e non sono pochi, che furono uccisi dalle forze di polizia.
Chiudiamo elencando le Stragi, orchestrate dallo Stato con la manovalanza nera, che hanno punteggiato quella fase storica:
12 Dicembre 1969. Strage di piazza Fontana a Milano: 17 morti e 88 feriti.
22 Luglio 1970. Strage di Gioia Tauro: 6 morti e 66 feriti.
31 Maggio 1972. Strage di Peteano a Gorizia: 3 morti e 2 feriti.
28 Maggio 1974. Strage di piazza della Loggia a Brescia: 8 morti e 102 feriti.
4 Agosto 1974. Strage dell’Italicus sull’espresso Roma-Brennero: 12 morti e 105 feriti.
2 Agosto 1980. Strage della stazione di Bologna: 85 morti e 200 feriti.
Poi i neofascisti sono tornati ad uccidere anche in tempi più recenti: Dax, Renato Biagetti, Nicola Tommasoli e infine con la Strage di Piazza Dalmazia a Firenze.
I fascisti in Italia sono e rimangono il simbolo delle deportazioni, degli eccidi, della repressione, della galera e dello stragismo.
Oggi il governo erge Ramelli a simbolo di “libertà”.
Di quale libertà stanno parlando? Forse quella di fare il saluto romano durante le commemorazioni per lo stesso Ramelli o per il “loro amato Duce”, quello fermato dai partigiani durante la fuga camuffato da tedesco, mentre la polizia identifica chi espone uno striscione antifascista fuori da un panificio.
Non c’è e mai ci sarà memoria condivisa con questi soggetti perché il motore della storia è lo scontro tra oppressi e oppressori, tra sfruttati e sfruttatori e i fascisti, nella storia, sono sempre stati dalla parte degli sfruttatori contro le lotte operaie e studentesche.
ORA E SEMPRE RESISTENZA!
Firenze Antifascista