QUEL SENSO DEL DECORO CHE DETURPA LA CITTÀ…

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Ciò che sta accadendo in Santo Spirito è emblematico di un contesto molto preoccupante.
Il sindaco Nardella, con l’appoggio della Prefetta, all’indomani del 25 aprile, strumentalizzando la retorica sui contagi, ha dato seguito all’idea di cambiare destinazione d’uso alle piazze della città.
Ecco la sua presa di posizione di allora:

“Siamo molto delusi e irritati per quanto accaduto il 25 aprile. Non si possono utilizzare giornate nazionali per disobbedire alle regole. Decantare la libertà e non rispettare quella altrui è irriverente. È normale, giusto, che i cittadini fiorentini siano arrabbiati. Lo sono quanto loro.
Stamane ho incontrato la Prefetta e dopo un lungo confronto ho deciso di firmare un’ordinanza per prevenire assembramenti in tre aree del centro, con alcol consentito solo ai tavoli. La normalità è un percorso da condividere. Non possiamo confondere la Zona Gialla con un liberi tutti. La sfida non è aprire, ma rimanere aperti tutelando la salute pubblica. E questo è possibile solamente con la collaborazione di tutti. Oggi, nell’area fiorentina abbiamo avuto 300 nuovi casi di covid, è necessario che ognuno di noi faccia la propria parte.”
Eppure dopo quella giornata non vi fu nessun picco dei contagi che anzi sono calati, come fu lo scorso anno nello stesso periodo, fino ad arrivare alla chiusura di molti reparti covid: e allora perchè lo stesso Nardella inasprisce le restrizioni con l’appoggio della Ministra Lamorgese nonostante il passaggio in “Zona Bianca” e il venir meno del “coprifuoco”?
Ormai siamo costretti a registrare la naturalezza con cui il Pd riesce a scavalcare a destra Lega e Fratelli d’Italia senza che questo provochi il minimo imbarazzo.
Crediamo che sia sotto gli occhi di tutti che l’autoassoluzione dello Stato e delle istituzioni rispetto alla pandemia sia passata attraverso la colpevolizzazione dei comportamenti individuali, specialmente quelli dello spaccato giovanile.
In termini pratici ciò ha portato al continuo disinvestimento nel pubblico – a partire da scuola, sanità e trasporti – e alla sempre maggiore utilizzo di politiche autoritarie e repressive.
In questo modo si è fatta strada l’idea che l’unico argine al virus fosse il controllo sociale di un’emergenza che si sta trasformando in ordinario, in “nuova normalità”.
La “Firenze prossima”, quella della ripartenza e del rilancio, evidentemente altro non sarà che una riproposizione della vecchia visione di una città improntata sul turismo e sul consumo alla quale ha diritto di accedere solo chi, rispondendo ai canoni del decoro, potrà spendere e consumare.
Le piazze della città, o almeno quelle del centro storico, ormai non sono altro che l’estensione all’aperto dei locali che vi si affacciano e all’occorrenza dello spazio privato di quei residenti che con le loro rimostranze servono la strategia del decoro.
L’ordinanza di Sindaco e Prefetta ė chiara ed esplicita: in determinate zone, in determinati orari, non si potrà stazionare se non per consumare e sedersi ai tavoli che, per uso privato, hanno invaso lo spazio pubblico per effetto della scelta del Comune stesso di concedere gratuitamente il suolo pubblico ai locali, mentre viene multato chi di quello spazio vorrebbe fare un uso veramente pubblico.
Azioni come questa sono da sempre accompagnate da precise campagne stampa che danno voce “al disagio del residente” e criminalizzano chi vorrebbe vivere le piazze senza necessariamente spendere soldi.
Questa logica tende a semplificare e polarizzare una situazione invece complessa e ricca di sfumature.
Prima fra tutte la stampa contrappone “i residenti” – i buoni – con “gli antagonisti” – i cattivi – che impediscono il sonno, deturpano, vandalizzano insinuando l’idea di quartieri messi sotto assedio e apparecchiando la tavola all’azione repressiva come se la libera circolazione nelle piazze fosse un problema solo dei famigerati “antagonisti”, come se un residente dovesse per forza essere schierato dalla parte che dicono loro…
Dietro l’idea apparentemente soft di un cordone e una decina di fioriere ci sono però decine di poliziotti che quando i riflettori sono accesi identificano e denunciano, ma quando questi si spengono ormai si sentono autorizzati a mettere in atto vere e proprie caccia all’uomo con inseguimenti, pestaggi e fermi sommari.
Per le istituzioni cittadine l’unica risposta al giusto e legittimo desiderio di libertà espresso proprio da quello spaccato che in questo anno di pandemia è stato più sacrificato, va “semplicemente” rimosso e represso.
Andando avanti di questo passo la fame di “decoro” delle istituzioni cittadine sarà appagata solo quando Firenze sarà un museo a cielo aperto dal quale saranno esclusi tutti coloro che non avranno i soldi per pagare “il biglietto d’ingresso”: ė la logica del Daspo, quella secondo cui l’autorità decide arbitrariamente come, quando e dove un determinato soggetto è escluso da un contesto sociale.
Forse non è ben chiaro, ma una società autoritaria si forma un passo alla volta e tra un “sorrisetto” e un concorso di idee anche il caro Nardella sta dando la propria spinta in quella direzione che ci sembra già ben avviata visto che i militari stanno gestendo l’emergenza, le squadracce assaltano i picchetti operai, i sindacalisti vengono uccisi durante gli scioperi, gli storici vengono minacciati e perquisiti, vengono attaccati i pochi giornalisti che fanno inchiesta mentre strade e piazze sono prossime alla legge marziale.
In questo contesto le possibilità di tutti coloro che hanno pochi soldi in tasca per ritagliarsi spazi di socialità, aggregazione e condivisione è prossima allo zero, se non fosse che un’alternativa da tentare c’è: quella della lotta che unisce alla condivisione e all’aggregazione l’idea di una crescita collettiva per riprenderci una città che stanno continuando a rubarci da sotto gli occhi e provare la scommessa di costruirla a misura di chi vi studia e vi lavora.

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