NO, NON SONO MELE MARCE.
Abbattiamo dalla radice la società
del patriarcato e del sessismo!

21728092_1624099207614304_8600170145213695871_nSu violenza sessista, stupri e strumentalizzazione del corpo della donna..

E’ di pochi giorni fa a Firenze la notizia dello stupro da parte di due carabinieri denunciato da due ragazze. Al contrario di quanto piace molto a giornalai e politicanti, a noi non servono ulteriori dettagli per poter riflettere su quanto avvenuto, né l’età, la provenienza geografica di vittime e aggressori, o cosa avessero fatto, bevuto o fumato nelle ore precedenti. Uno stupro è uno stupro, che sia un italiano o uno straniero a compierlo, che sia una donna, una transessuale o una sex worker a subirlo, e non possono esserci attenuanti o giustificazioni.
La violenza sessuale non ha età, epoca o confini, né geografici, né domestici, dato che come sappiamo è ovunque la famiglia uno dei suoi luoghi privilegiati. Lo stupro è sempre stato e resta uno dei più odiosi atti di oppressione sessista e chi arriva a commetterlo lo fa perché si ritiene legittimato da una posizione di forza e dominio, in quanto uomo, soldato, marito, padre o padrone.

Per questo non ci stupiamo che, come avvenuto tante volte in passato (solo pochi mesi fa a Massa), gli stupratori siano in questo caso i cosiddetti “tutori dell’ordine e della legalità”.

Il nostro sistema sociale, determinato con forza dai rapporti di produzione e sfruttamento capitalisti, è per sua stessa natura basato sul dominio di una classe sull’altra e, allo stesso tempo, dell’uomo sulla donna: il patriarcato. Tutti noi, donne e uomini, siamo nati e cresciuti all’ombra di questa “cultura”, ben alimentata da media e Tv, che si esprime con atteggiamenti sessisti, maschilismo e mentalità di prevaricazione, dove tutto, compreso il corpo femminile, viene mercificato, ridotto a “oggetto” del desiderio, umiliato e sfruttato per attirare più telespettatori o aumentare le vendite. Tutti dunque ne siamo condizionati, ma qualcuno più degli altri.
A ben vedere infatti, proprio chi come i carabinieri è incaricato da questo sistema di “riprodurne” i valori fondanti, difendendo quei rapporti di forza e di sfruttamento che lo caratterizzano, è di conseguenza maggiormente incline ad esercitare violenza, prevaricazione e discriminazioni. Autorizzati da un potere che della violenza detiene il monopolio e che gli garantisce coperture ed immunità, molto spesso fanno dell’abuso la loro normale modalità di agire, sotenuti da tutta una serie di provvedimenti legislativi che dai pacchetti sicurezza all’ultima legge Minniti-Orlando sono orientati a rafforzare la legittimazione giuridica del potere discrezionale per le forze di polizia e per le istituzioni tutte.

In questo contesto è quasi naturale che gli stupri e la violenza sessista continuino a manifestarsi quotidianamente, e che in ambito istituzionale e giudiziario sia la donna che ha subito violenza ad essere messa sotto accusa. Si tende infatti a mettere in dubbio la parola della vittima, colpevolizzarla perché non è stata attenta o addirittura se l’è cercata con atteggiamenti provocanti, fino all’assurda insinuazione che possa averlo fatto per squallidi motivi assicurativi come nel caso delle due studentesse americane stuprate la settimana scorsa nella nostra città!
Non sempre è così, perché come è stato palese dopo gli stupri avvenuti a Rimini poco tempo fa, quando lo sdegno e l’indignazione sono funzionali ad un discorso politico razzista ed emergenziale, che permette di affinare gli strumenti di repressione e controllo necessari ad assicurare stabilità al sistema stesso, l’atteggiamento è completamente opposto, non si usa il condizionale ma si invocano ergastolo e punizioni esemplari.

Da tempo abbiamo capito che non ci può essere alcuna soluzione alla violenza sessuale e di genere se ci affidiamo a leggi e tribunali. Perché la militarizzazione dei territori non impedisce le violenze, ma rischia di favorirle rendendo le nostre strade meno vissute, perché al codice penale si ricorre “dopo”, quando la violenza ha già segnato il corpo e lo spirito di chi la subisce, e perché non è possibile fidarsi ed affidarsi a chi approva leggi che discriminano le donne sul lavoro, tagliano fondi all’istruzione ed allo stato sociale, chiudono i consultori per poi costruire oscene campagne sulla fertilità. Per questo le uscite di Nardella sull’accaduto ci disgustano più che sorprenderci: un sindaco che di fronte ad un doppio stupro appare solo preoccupato della reputazione della sua piccola città vetrina, rovinata secondo lui non tanto dai carabinieri stupratori (per carità, il buon nome del’Arma!) ma da chi ne ha subito la violenza dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo. Un sindaco con ambizioni da piccolo sceriffo, che ha fatto del populismo e della retorica sulla sicurezza il suo metro di comportamento, preoccupato solo di non perdere stelline su TripAdvisor.
Di fronte a tanto squallore e miseria umana, non possiamo che ribadire la nostra solidarietà alle due ragazze e a tutte le vittime di violenza sessuale, denunciando con forza la campagna denigratoria in corso contro di loro e ribadendo che l’antisessismo, così come l’antirazzismo e l’antifascismo, non sono slogan ma pratiche quotidiane nella nostra lotta contro ogni forma di oppressione.

Le compagne ed i compagni del CPA-FiSud

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