War in Progress
Guerra e Formazione

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LA REALTA’ CI RESTITUISCE UN QUADRO DI GUERRA ORMAI CHIARO E LAMPANTE

Siamo sudditi di uno stato belligerante e di una società sempre più votata ad una gestione poliziesca delle contraddizioni sociali. I “loro ragazzi” con le armi in pugno difendono gli interessi delle potenze occidentali mentre le forze dell’ordine e una serie di collaboratori contribuiscono a preservare un regime dominato dal crescente impegno militare.

Dalle guerre in Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Siria fino alla guerra in Libia il profilo della politica estera italiana ha assunto una caratterizzazione sempre più esplicitamente aggressiva mentre la gestione delle contraddizioni interne ai confini nazionali si va sempre più caratterizzando in senso militare. Assistiamo alla cooptazione per finalità repressive di settori sempre più ampi di lavoratori, alla militarizzazione intensificata dei territori – a maggior ragione se contesti di lotte e vertenze significative – parallelamente ad una sempre maggiore militarizzazione delle stesse forze dell’ordine con ricadute pesanti sulla gestione stessa dei conflitti sociali, sempre più vicina ad una strategia propria delle zone di guerra.

Stabilire un livello “culturale” idoneo rappresenta parte integrante di questa strategia di guerra e controllo. Assistiamo dunque in questo momento storico al dispiegamento di manovre politiche ed ideologiche atte ad agevolare le necessità strategiche dello stato e a determinare condizioni per un ulteriore salto in avanti delle politiche controrivoluzionarie. Pensiamo quindi sia necessario porre al centro della discussione non solo la guerra ma tutto ciò che ne consegue per il suo perpetuarsi; collocare la lotta contro la guerra su un piano che riesca a cogliere la dialettica con la realtà in cui siamo inseriti, ricostruendo le forme che lo stato è in grado di attuare, è necessario per trasformarci da soggetti passivi in soggetti consapevoli delle trasformazioni in atto.

Proprio in questa direzione ci sembra interessante analizzare l’attuale tentativo di stabilire un livello “culturale” che superi la retorica della “guerra umanitaria” in direzione di una propaganda che divulghi apertamente la necessità delle politiche di rapina e guerra del capitale. Questo salto di qualità – facilitato da molti settori del pacifismo democratico, da tempo già allineati e cooptati all’interno del binomio “intervento militare / missione umanitaria” – significa un ulteriore attacco alla capacità di critica al sistema imperialista e alle sue guerre (già messa in discussione in maniera sempre più pressante), e indica contemporaneamente la ricerca di una sempre più forte mobilitazione in senso reazionario del fronte interno.

L’esigenza di creare consenso ha alimentato una vera e propria trasformazione culturale dando un’ulteriore spinta alla presenza della struttura e delle esigenze di guerra all’interno del sistema formativo. La necessità della guerra, l’accettazione delle restrizioni che ne conseguono devono farsi cultura e come tale radicarsi profondamente in tutto il corpo sociale. Individuiamo la “cultura della difesa” e “la cultura della sicurezza” come elementi chiave della volontà di far crescere un sentimento condiviso nei confronti dell’interesse nazionale, ovvero verso gli interessi della classe dominante in tutte le sue declinazioni. Questo sviluppo rispecchia senz’altro il profondo conflitto culturale, gestionale e gerarchico che si sta compiendo all’interno del sistema formativo, sistema che sta via via abdicando al suo ruolo educativo facendo propri modelli culturali repressivi propri di altre istituzioni; la

fase attuale si colloca in una trasformazione lunga decenni volta a caratterizzare in senso autoritario le dinamiche tra alunni e struttura scolastica, rimodellandole sulla base della più generale evoluzione dei rapporti tra stato borghese e classe. Certamente questo mutamento si inserisce nell’essenza stessa del sistema educativo che, in quanto parte integrante dell’apparato statuale, si trova a riadeguarsi continuamente – con tutte le contraddizioni profonde proprie di un istituto composito e complesso – all’interno dello sviluppo storico dello scontro di classe e dello scontro interimperialistico.

In concreto assistiamo dunque ad una presenza progettuale sempre crescente di strutture militari all’interno degli istituti superiori e ad un numero sempre crescente di lezioni e incontri in cui a salire in cattedra sono direttamente militari o spie, con il compito di istruire gli studenti alla “cultura della difesa e della sicurezza”. Contemporaneamente il rapporto tra mondo universitario e apparato militare – non nuovo, ma in continuo sviluppo – sta compiendo passaggi qualitativi di notevole spessore; basti guardare alla creazione della Scuola di formazione del comparto intelligence ed all’intensificarsi della ricerca militare anche nelle facoltà umanistiche. Nascono così corsi di laurea, master e dottorati con lo scopo di apportare nuove “conoscenze” e di ottenere determinate risorse (umane, tecnologiche).

Si stabilisce dunque una presenza che stimola un’accettazione della dimensione guerra oltre ad accelerare un processo di sempre maggior restrizione di spazi di pensiero critico.

Nel presente opuscolo sono riportate quattro schede di approfondimento riguardanti la struttura della difesa, dell’intelligence (parte integrante del sistema difesa sia sul fronte interno che sul fronte esterno) e la loro presenza con progetti mirati all’interno di università ed istituti superiori. Adottando lo schema di lavoro “presenza / progetti / propaganda”, la nostra volontà era di individuare tre aspetti distinti seppur interconnessi. Con l’elemento “presenza” individuiamo le strutture di guerra che agiscono all’interno del sistema formativo; con l’elemento “progetti” individuiamo le modalità con cui questa presenza si esplica per acquisire dall’interno del sistema formativo quelle risorse che servono alle strutture di guerra; con l’elemento “propaganda” individuiamo il piano con cui si costruisce il consenso alle politiche di guerra interna ed esterna.

Il materiale selezionato non pretende di essere esaustivo ma tenta di fornire alcuni esempi significativi delle modalità con le quali gli interessi e le strategie belliche si esprimono nel contesto delle medie superiori e della ricerca universitaria toscana. Ci sembra importante diffondere questi materiali per riuscire ad individuare e analizzare quei meccanismi che caratterizzano la legittimazione e la propaganda dell’apparato bellico. Ricostruire le modalità con cui l’egemonia culturale borghese tenta di penetrare in ogni ambito della società e dei rapporti sociali – dalla fabbrica agli uffici, dalle università alle scuole – costringendo gli uomini alla sottomissione e assecondando le peggiori pulsioni reazionarie è necessario per trasformarci in soggetti consapevoli delle trasformazioni in atto.