DOSSIER INFORMATIVO E DI SOSTEGNO ALLA SINISTRA POPOLARE E RIVOLUZIONARIA del KURDISTAN

kurdi

INTRODUZIONE

DALLA NOSTRA STESSA PARTE

In tutto il mondo i venti di guerra si fanno sentire prepotenti. Tensioni locali, etniche, religiose, nascondono le profonde contraddizioni economiche e sociali cui assistiamo, in un contesto di scontro tra potenze economiche, militari ed imperialiste, per la spartizione del potere. Di fatto viviamo in uno stato di guerra mondiale più o meno latente, una guerra che tocca anche le porte della “nostra” Europa. L’area del mediterraneo e tutto il medio oriente sono attraversati da profondi conflitti. I vecchi equilibri sono in rapida trasformazione; i confini degli Stati disegnati a tavolino dalle forze coloniali si stanno sgretolando; le forze imperialiste faticano a trovare nuovi alleati affidabili. Cercano di affermarsi nell’area gli interessi delle borghesie arabe islamiche e gli interessi delle potenze imperialiste, a volte coincidenti, a volte confliggenti, in un continuo gioco di ruoli in cui a rimetterci è sempre il proletariato arabo e medio orientale, stretto tra il confessionalismo ed i servi del capitale. Alla dissoluzione dell’Irak come entità statale ha fatto seguito il tentativo di abbattere la Siria, un altro dei regimi arabi non allineato alle potenze occidentali, USA ed Unione Europea, né agli stati regionali che esercitano influenza nell’area, Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Israele, nell’obiettivo di far cadere Assad e lasciare quindi spazio per altre soluzioni più comode. ISIS, IS, AL NUSRA, ma la stessa Fratellanza Islamica e le varie milizie islamiche, rappresentano una tendenza reazionaria e fascista, strumento di controllo ideologico e religioso per le grandi masse arabe represse, al servizio delle borghesie regionali, ansiose, in una situazione di profondi mutamenti, di esercitare il proprio dominio autonomo nell’area. Di fatto rappresentano ciò che in Europa sono le formazioni neonaziste ucraine o ungheresi, forze naturalmente al servizio del capitale. E’ necessario chiarire come le milizie combattenti islamiche della galassia jihadista non rappresentano altro che una stampella per le politiche imperialiste nell’area e per la prospettiva di un’entità arabo islamica che trova nella figura di Erdogan e nella Turchia il suo principale punto di riferimento. Un’entità destinata, nelle menti dei suoi sostenitori, a competere anch’essa nello scenario medio orientale e globale, dotata di una struttura militare, la Turchia è il secondo esercito della NATO, e di una potenza economica, grazie alle petromonarchie. Ieri amici, oggi nemici e di nuovo domani amici, questa è la regola delle dinamiche in corso oggi, ove non ci sono più alleanze stabili, partner affidabili, una competizione cui si lasciano partecipare solo gli attori compatibili con uno sviluppo economico che ha nell’egemonia borghese e nello sfruttamento del proletariato e del territorio i suoi capisaldi. Lo ‘Stato Islamico’ si è rivelato essere uno strumento assai utile a disposizione dei diversi attori che, per motivi anche divergenti, hanno pensato e pensano tuttora di utilizzarlo per imporre i propri interessi nella regione. Contro l’asse sciita tra Hezbollah, Damasco, Baghdad e Teheran, per togliere di mezzo il governo Assad in Siria, per disgregare ulteriormente gli stati coinvolti dalla crisi e quindi imporre meglio il proprio dominio, per indebolire la residua presenza di Russia e Cina nell’area, e anche, esplicitamente nel caso della Turchia, per infliggere un duro colpo alle organizzazioni della resistenza curda che non hanno piegato la testa nonostante la feroce repressione.
Nel territorio del Kurdistan, tra Turchia, Irak, Siria ed Iran chi è infatti in prima linea contro lo Stato Islamico e contro le mire del capitale e dei suoi lacchè, sono le forze del PKK-PYD, della sinistra rivoluzionaria curda, alla guida di un movimento popolare che da oltre due anni trova nuovo protagonismo in tutta l’area, espresso attraverso la proposta di Confederalismo Democratico, che vive nel tentativo di autogoverno dei Cantoni del Rojava una esperienza pratica di lotta. Anticapitalismo, ecologismo, emancipazione di genere e rifiuto della società gerarchica e patriarcale, superamento dello stato-nazione
ed abbattimento delle frontiere nazionali, etniche e religiose, sono i punti principali di una proposta realmente di rottura, rivolta non solo alle forze curde ma a tutta la sinistra rivoluzionaria. E’ non è affatto casuale che oggi l’IS stia concentrandosi contro Kobane: la città è infatti il centro di uno dei tre cantoni (gli altri due sono Afrin e Cizre) del Rojava, dove si sta sperimentando il Confederalismo Democratico, attraverso una confederazione di “curdi, arabi, assiri, caldei, turcomanni, armeni e ceceni”, un autogoverno dove netto è il rifiuto non solo di ogni assolutismo etnico e di ogni fondamentalismo religioso, ma della stessa declinazione nazionalistica della lotta del popolo curdo. E questo prospettiva che deve essere abbattuta, perché non sia possibile immaginare una società diversa e veramente libera. Ebbene in questo scenario noi sappiamo bene con chi schierarsi, sappiamo chi è dalla NOSTRA STESSA PARTE: sono le donne e gli uomini che resistono a Kobane, le donne e gli uomini sulle montagne del Kurdistan, le donne e gli uomini scesi in piazza a decine di migliaia in tutto il mondo per sostenere Kobane, che hanno occupato aeroporti, sedi diplomatiche e parlamentari, che hanno fatto scontri e sono morti nelle strade delle città turche e curde, che sventolano con orgoglio la bandiera del presidente Ocalan. E’ tempo di schierarsi chiaramente: è tempo di lanciare una vera campagna contro la guerra che trovi nel sostegno alla resistenza del Rojava e delle forze della sinistra curda, un elemento di crescita e di prospettiva. Schierarsi perché il PKK sia tolto dalla lista delle organizzazioni illegali stilata da USA e UE, ed abbia finalmente agibilità politica nei nostri paesi. Chiedere con forza la liberazione di Abdullah Ocalan, dal 1999 in isolamento nell’isola di Imrali in Turchia.

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